VI. La responsabilità dei diversi soggetti sociali, politici ed economici

Il lavoro contiene una sua eticità che si fonda nel suo essere sempre e in ogni modo relazione e cooperazione; è sempre un incontro con l’altro, con la sua differenza e diversità. In questa prospettiva va assunto il principio di responsabilità, inteso non solo come responsabilità verso i contemporanei, ma come obbligo di lasciare alle nuove generazioni un mondo migliore di quello che abbiamo trovato. Il principio di responsabilità, che dovrebbe guidare tutti gli attori sociali, politici ed economici, si può costruire solo se si abbandonano i corporativismi e gli interessi a breve termine spostando il nostro sguardo dall’oggi al domani. Da qualche anno si parla, con una certa insistenza, di Responsabilità sociale dell’Impresa (RSI). Questo concetto, se inteso correttamente e applicato rigorosamente, consentirebbe a tutte le imprese di indirizzare la loro azione verso il raggiungimento del bene comune, coniugando in modo virtuoso le legittime esigenze di profitto con un’attenzione alle ricadute sociali e ambientali della propria attività produttiva. Oggi, da diverse parti, si osserva la tendenza ad un uso strumentale della RSI, vista solo come opportunità per mostrarsi diversi da quello che si è. Per le Acli la RSI può rappresentare una grande opportunità per umanizzare le imprese per renderle delle comunità di persone che non guardano solo agli utili ma al benessere dei lavoratori e della comunità nel suo complesso. Altra questione rilevante è quella della responsabilizzazione dei lavoratori. La strada da intraprendere con decisione è quella di dare un maggior protagonismo ai lavoratori rendendoli corresponsabili nella gestione dell’impresa. Questo processo consentirebbe alle imprese di radicarsi territorialmente evitando le degenerazioni di un capitalismo invisibile e imprevedibile. Una responsabilità specifica spetta anche al no profit e alla cooperazione sociale. La crisi ci ha dimostrato come sia sempre più importante e urgente investire sull’economia civile per mostrare come sia possibile rendere le scelte economiche più responsabili, più attente alle ricadute sociali. In Europa ci sono oggi 2 milioni di imprese sociali che fondano la loro mission sulla crescita del bene comune e non sull’esasperata spartizione degli utili, mostrando di avere gli anticorpi per fronteggiare la situazione attuale. Attraverso le attività di economia civile è possibile coniugare positivamente lo spirito di iniziativa imprenditoriale con la responsabilità verso il bene comune della comunità. Esperienze di economia “virtuosa” già esistono e innestano circuiti di solidarietà e reciprocità allargata che si candidano ad esprimere un modello innovativo per superare la crisi e che sono strutturalmente orientati alla costruzione della “res pubblica32”. In definitiva ad ogni cittadino va chiesta un’assunzione di responsabilità. Ognuno di noi è immerso nel sistema economico e opera quotidianamente scelte quando fa la spesa, quando apre un conto in banca, quando sceglie un fondo pensione. Conoscere le origini del prodotto che acquistiamo sia materiale che finanziario è indispensabile se vogliamo rimuovere le cause delle disuguaglianza e aprirci a una cultura del limite.