IV. Lavoro e dualismo territoriale

IV. Lavoro e dualismo territoriale

Una peculiarità tutta italiana è la distribuzione disomogenea sul territorio delle situazioni di basso reddito. Nel corso della crisi iniziata nel 2008, il rischio di vulnerabilità economica a causa di un reddito insufficiente si è accresciuto nelle regioni meridionali. Al Sud, infatti, rispetto al 2007, le famiglie con almeno un occupato diminuiscono di 45 mila e quelle senza occupati e con almeno un disoccupato aumentano di 32 mila. Confrontando i diversi tipi di famiglia, il rischio di vulnerabilità economica cresce con il numero di figli, soprattutto se minorenni e in presenza di un solo genitore. Due milioni e mezzo di famiglie (10,4% del totale) segnalano difficoltà economiche più o meno gravi e risultano potenzialmente vulnerabili, soprattutto a causa di forti vincoli di bilancio. Spesso non riescono a fare risparmi e nella maggioranza dei casi non hanno risorse per affrontare una spesa imprevista di 700 euro. Di fronte ad un panorama di questo tipo e sulla base dell’esperienza concreta di sostegno di tanti lavoratori realizzata dai nostri servizi di Patronato, crediamo sia necessario affrontare seriamente la situazione, andando oltre le dichiarazioni retoriche che non corrispondono alla realtà. Nella storia della nostra Repubblica, le differenze territoriali e la capacità di reazione dei singoli contesti hanno segnato le traiettorie di sviluppo. Parlando di Mezzogiorno, invece, ci siamo spesso accontentati di riproporre la tradizionale immagine di arretratezza, nonostante le trasformazioni intervenute, con un'accelerazione negli ultimi decenni. Gli stereotipi che enfatizzano alcuni aspetti eclatanti di una realtà, rendendoli inalterabili nel tempo, accompagnano da sempre la “questione meridionale”. Per il Mezzogiorno è semplice ricordarne alcuni: il ritardo economico, l'arretratezza, lo spreco di risorse pubbliche a fronte di un massiccio intervento dello stato centrale. Da più parti si osserva come il divario economico tra Nord e Sud non fa che ampliarsi e come questo avvenga nonostante le colossali risorse che vengono trasferite nel Mezzogiorno. È sicuramente vero che, se si considera il profilo del Mezzogiorno così come emerge dai dati macroeconomici standard come il PIL o da indicatori come il tasso di disoccupazione, lo scarto con il resto del paese rimane elevato e soprattutto sembra essersi aggravato nell'ultimo periodo. Non mancano politici e commentatori che si ostinano a considerare il Meridione come la palla al piede del Paese e dichiarano che i cittadini del Sud ricevono ingenti risorse prelevare dalle tasse pagate dal Nord. Dobbiamo domandarci quanto sia reale questa immagine che si propone dell’economia e della società meridionale. I dati disponibili dimostrano come negli ultimi dieci anni i governi di centrodestra e centrosinistra si sono dati obiettivi di investimenti nel Sud sistematicamente mancati; le imprese pubbliche come ad esempio le Ferrovie dello Stato hanno accantonato qualsiasi possibilità di investire sulle reti di comunicazione di quelle regioni, e così via. Un dato sintetico può essere indicativo: nella media 2000-2006 gli investimenti pubblici pro capite sono stati 680 euro al Sud e 946 euro al Centro Nord con uno scarto che si è significativamente ampliato nel tempo25. L’Italia non potrà uscire dal periodo di crisi economica senza il superamento di questi stereotipi, per ragionare finalmente sui problemi reali che parlano anzitutto di un’economia depressa, di un persistente rallentamento di tutta l’economia italiana non certo da imputare alla diversa velocità fra Nord e Sud. L’Italia può crescere mettendo a frutto la localizzazione del Sud, protesa nel Mediterraneo, valorizzando il patrimonio ambientale e naturale del Sud, per far sviluppare il turismo, e tutti i servizi connessi, e trasformando il Mezzogiorno, in una grande piattaforma produttiva e tecnologica delle energie rinnovabili, a beneficio di tutto il Paese26. Per crescere bisogna dunque affrontare con urgenza la questione occupazionale, dando ai giovani e alle donne maggiori opportunità in modo da contrastare il fenomeno della nuova migrazione verso il Nord di tanti ragazzi del Sud. In questa prospettiva crediamo sia necessario fare uno sforzo sinergico per creare condizioni diverse a partire dal sostegno e dalla promozione dell’auto-impreditorialità sopratutto in territori più svantaggiati come quelli del nostro Meridione. Oggi la realizzazione di nuove e diverse opportunità è pesantemente condizionata dalla presenza della criminalità che di fatto rappresenta una fonte primaria di occupazione e reddito per molte persone. Tagliare i legami con la criminalità, intrecciata con il potere politico locale, creare una cultura che rifiuti i comportamenti clientelari, è un impegno forte che le Acli, insieme a tante espressioni della società civile e della Chiesa intendono riaffermate con forza27. Solo in questo modo sarà possibile attrarre investimenti, invogliare le imprese a insediarsi nel Sud per dare un impulso decisivo all’aumento della occupazione locale.

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