2.5 I diritti formativi e la certificazione delle competenze
11.11.2009 16:40
Il Libro bianco si muove finalmente nella direzione giusta. Ora è necessario rendere esigibile per tutti i lavoratori, il diritto ad una formazione permanente e continua (long life learning). In Italia registriamo una percentuale molto bassa di adulti che hanno completato il ciclo dell’educazione secondaria e che partecipa ad attività formative. In questa situazione è necessario rendere concretamente esigibile il diritto all’apprendimento lungo il corso della vita attraverso la costruzione di un sistema ad hoc. L’introduzione anche in Italia di un sistema integrato di formazione permanente rappresenta una strategia fondamentale per realizzare efficaci politiche di tutela e sviluppo dell’occupazione. Questo sistema potrà essere strutturato su base regionale e locale e prevedere il coinvolgimento dei soggetti che oggi realizzano l’attività di formazione professionale. Le imprese dovranno fare la loro parte, concorrendo da un lato alla creazione di questo sistema e dall’altro investendo in modo più sostanziale sulla formazione di tutti i lavoratori sia dei giovani sia degli adulti.
È necessario contrastare il fenomeno delle espulsioni dal mondo del lavoro adottando strategie che consentano a quanti sono definiti “esuberi” di ricollocarsi in modo dignitoso sul mercato, proprio partendo dalla loro costante riqualificazione. È assurdo parlare di certificazione delle competenze e formazione solo quando il lavoratore è espulso dal mercato: è questa una battaglia di civiltà che va intrapresa con decisione così come quella di lotta alla precarietà.
È opportuno che ogni lavoratore possa esercitare il diritto di vedere l’insieme delle competenze maturate all’interno del suo percorso lavorativo. Il bilancio delle competenze può essere uno strumento che consente di riconoscere i saperi di cui la persona è portatrice, in assenza di titoli formali (certificati, diplomi), acquisite tramite l’esperienza lavorativa ed extralavorativa. Si tratta di uno strumento utile per valorizzare le competenze soprattutto di adulti a bassa scolarità che si sono inserti nel mondo del lavoro in età precoce, e che mancano quindi di una cultura di base e professionale sistematica, ma che in compenso hanno maturato una interessante esperienza di lavorativa.
Perché tutto questo abbia senso e concretezza, oltre alle iniziative normative e all’investimento pubblico, è necessaria una forte spinta sociale. Essa non potrà essere impressa finché la formazione e l’istruzione dei lavoratori resteranno materia marginale e accessoria del rapporto bilaterale. È invece necessario che esse divengano la posta in gioco fondamentale della contrattazione collettiva, a livello sia nazionale sia decentrato. Il luogo principale in cui deve essere affermato il diritto alla formazione è proprio il posto di lavoro. Occorre quindi immaginare iniziative per stimolare i lavoratori e le rappresentanze sindacali a spostare l’asse della rivendicazione e della contrattazione sul versante delle conoscenze, visto come asse centrale su cui costruire partecipazione, reddito, sicurezza e tutela.
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